Sei in grado di gestire la tua attenzione e arrivare in fondo all’articolo senza distrarti? DIMOSTRACELO!
Sei al computer, hai appena finito una delle interminabili (e francamente non troppo utili) call di allineamento per il progetto di questo trimestre.
Guardi il calendario della giornata e hai schedulate altre tre videochiamate, infinite, le forze iniziano a mancare.
Ti fai coraggio, hai un’ora di tempo tra una riunione online e l’altra; decidi, senza troppi indugi, di rispondere a quell’email importante che hai contrassegnato nell’inbox, non vuoi rischiare di dimenticartela nell’infinito buco nero della tua posta in entrata.
Inizi con l’attacco della risposta, hai le idee chiare, ma neanche troppo, fai ordine mentale e decidi di rispondere per punti – grande idea.
Alla terza riga, SQUILLA IL TELEFONO, è il tuo collega, ti chiede di aggiornarlo sulla riunione appena terminata e alla quale non è riuscito a partecipare. Cerchi di liquidare il tutto senza troppi dettagli, anche perché, non c’è molto da raccontare. Chiudi la telefonata e ti rimetti subito al lavoro sulla mail, fai un po’ fatica a riprendere il filo del discorso, l’afa di questi giorni non ti aiuta nel difficile compito. Dopo un primo momento di difficoltà, riprendi il filo e sembra che tutto proceda liscio fino quando, ti arriva un messaggio su WhatsApp.
Arriva da casa, una foto del cane posizionato esattamente davanti all’aria condizionata. Ti fai una sana risata, rispondi rapidamente e ti rimetti subito sull’email. Sei quasi arrivato in fondo, senti però la necessità di rileggerla, è una mail importante, meglio evitare di fare brutte figure, all’improvviso, notifica di Instagram. Decidi di ignorarla, ma ormai il pensiero è andato, legato a quell’icona colorata, contemporaneamente l’allert di twitter ci segnala l’ultimo messaggio del Ministero della Difesa (è bello sentirsi informati in ogni secondo).
Provi a rimetterti sull’email per verificarne l’efficacia quando senti il suono, ripetitivo e poco allettante, dell’inizio della videochiamata. Grande sospiro e rispondi.
Risultato: in un’ora hai ragguagliato un collega su una videochiamata senza alcun tipo di urgenza, hai visto il tuo cane, sereno e beato, davanti al getto dell’aria condizionata (e l’hai anche invidiato parecchio), hai riso su un meme di Instagram e hai letto distrattamente un tweet sulla situazione italiana. Detta in questi termini, sembra esser stata un’ora molto produttiva, peccato che tu non abbia ancora inviato l’e-mail di risposta.
1. Il mito del multitasking – una cosa alla volta
2. L’attivazione della regola
3. Il paradosso moderno: faro e serbatoio
4. Cosa fare? Da Napoleone a WhatsApp
1. Il mito del multitasking – una cosa alla volta
Quante volte, dai tuoi capi o dai tuoi diretti superiori e colleghi, ti è capitato di sentire queste parole:
Oppure:
Al di là della visione discutibile del concetto di “tempo”, bistrattato, dato per scontato, quasi snobbato; ciò che ci interessa realmente affrontare in questo articolo è il mito del multitasking.
Per farlo, dovremo rispondere ad una semplice domanda. Sempre parlando in termini scientifici, il cervello umano è in grado di compiere più azioni contemporaneamente?
Prima di proseguire, è necessaria una premessa.
C’è una differenza a dir poco sostanziale tra:
svolgere più compiti insieme
prestare attenzione
Come riportato da John Medina, biologo molecolare direttore del Brain Center for Applied Learning Research di Seattle e professore di Bioingegneria all’università di medicina di Washington, nel suo libro “Il Cervello: istruzioni per l’uso”, il nostro cervello è in grado di permetterci di svolgere più COMPITI contemporaneamente. Per esempio, il nostro cervello ci permette di suonare strumenti musicali muovendo diversamente le due mani e leggendo al tempo stesso lo spartito. Oppure, possiamo correre e chiacchierare, nello stesso istante tutte le funzioni vitali del nostro corpo saranno regolate senza l’intervento della nostra volontà.
Quindi il cervello è multitasking?
Apparentemente potrebbe sembrare, ma quando si parla di ATTENZIONE, i concetti sono analizzati IN SEQUENZA. Non siamo in grado di splittare il nostro potenziale attentivo.
Quello che cerchiamo di fare ogni giorno, in sostanza, è di imporre ad un organo che agisce in modo sequenziale, più attività contemporanee, cercando di costringerlo ad andare contro la sua natura, contro il suo funzionamento.
Ristrutturando le nostre credenze, allora, come potremmo definire il tanto ricercato multitasking, se in realtà neanche esiste? Beh, più che un multitasking, dovremmo parlare di un “cambio/alternanza/variazione di task”, alcuni lo definiscono “Task-Switching”, quindi il nostro cervello non focalizzerà l’attenzione su compiti differenti, ma in realtà passerà rapidamente da uno all’altro, con tutti i rischi connessi a tale attività, come vedremo tra poco.
Pur sapendo che questo va ad influire negativamente sulle nostre performance, perché continuiamo ad ostinarci nella tanto fallimentare pratica del multitasking? Perché in fondo in fondo, ma neanche così tanto in profondità, ci piace!
L’idea di sentirci un po’ dei supereroi pronti a risolvere qualsiasi compito ci venga richiesto nel minor tempo possibile, l’immagine di noi stessi sopraffatti dal lavoro ma, al tempo stesso, in grado di districarci in mezzo a mille difficoltà raggiungendo l’obiettivo e, non per ultimo, la possibilità di pronunciare una delle seguenti frasi:
Oppure:
O ancora:
(Vi invitiamo a condividere con noi le frasi più divertenti e fantasiose che avete sentito o inventato).
Tutto ciò, ci fa sentire realmente importanti.
Insomma, ci piace sentirci impegnati, apparire impegnati, essere impegnati e metterci al lavoro per districarci nelle difficoltà, ovviamente, senza un piano e facendo tutto insieme.
Il cervello non è multitasking, in realtà passa rapidamente da un’attività all’altra.
Siamo paragonabili ai robot, possiamo focalizzare la nostra attenzione su più compiti contemporaneamente senza il rischio di impattare negativamente sulla performance.
2. L’attivazione della regola
Tutto molto bello, tutto molto istruttivo e anche interessante, ma per quale motivo dovrei iniziare a comportarmi diversamente?
Se vi dicessimo semplicemente di sì, non ci credereste. Crediamo sia decisamente più efficace fare un breve tour all’interno del nostro cervello, per potervi raccontare nel dettaglio quali siano i rischi legati alla performance. Per farlo, utilizzeremo le parole del suddetto professor Medina.
Immaginiamo di trovarci nella condizione di dover scrivere un’e-mail importante, come all’inizio dell’articolo.
Ci sediamo alla nostra scrivania, accendiamo il computer e ci prepariamo a scrivere.
Affinché questo sia possibile, il sangue deve affluire alla corteccia prefrontale anteriore (zona del cervello appartenente al sistema esecutivo e che, come riportato nel libro citato è assimilabile ad una centralina di comando).
La nostra centralina di comando si attiva iniziando a comunicare lo spostamento dell’attenzione sul compito di SCRIVERE L’EMAIL.
A questo punto, entriamo in una nuova fase, quella dell’ATTIVAZIONE DELLA REGOLA.
Cosa significa? È presto detto.
Quando la corteccia invia l’allerta di cui sopra, tale allerta contiene all’interno un vero e proprio messaggio, diviso in due fasi.
La prima fase, necessaria per poterci concentrare sull’email da scrivere, va a ricercare una serie di neuroni che siano in grado di compiere questo compito di scrittura. In altre parole, è come se venisse effettuato un casting per reclutare gli attori più calzanti.
Una volta raccolti i neuroni adatti, è necessario attivarli, per far sì che ci permettano di iniziare a compiere l’azione specifica, nel nostro caso, scrivere l’e-mail.
Avete notato quante attività devono realizzarsi prima di mettere in atto il comportamento? Tutto questo avviene senza una vera e propria coscienza. Ci teniamo anche a ricordare un altro dettaglio, tutto questo avviene in diversi decimi di secondo, solo dopo iniziamo a mettere in atto l’azione.
Fino a qui, abbiamo descritto cosa deve avvenire nel nostro cervello per permetterci di compiere determinate azioni. Ora arriva il bello.
Cosa succede se, malauguratamente, abbiamo lasciato il telefono accanto al computer e ci arriva un messaggio?
Apparentemente, nulla di grave o importante, tendiamo a spostare gli occhi sul cellulare, controlliamo l’entità del messaggio, magari rispondiamo rapidamente e poi torniamo a scrivere l’e-mail.
In realtà, quello che deve accadere è ben più complesso, e ormai, dovremmo avere anche un’idea di cosa stia avvenendo. Quando uno stimolo come un messaggio irradia i nostri sensi, automaticamente, nel nostro cervello, dovrà ripetersi nuovamente tutto il processo descritto per poterci permettere di rispondere.
In altre parole, deve attivarsi una nuova regola, da capo. Verrà inviato un nuovo messaggio, sempre diviso in due, per reclutare i neuroni adatti a rispondere al messaggio e per attivarli.
Tutti questi passaggi verranno effettuati IN SEQUENZA, non contemporaneamente come abbiamo sempre pensato.
Ecco spiegato il motivo per il quale… NON POSSIAMO SVOLGERE DIVERSI COMPITI CONTEMPORANEAMENTE.
Semplice, ogni volta che ci troviamo a dover “attivare una nuova regola”, ci auto-poniamo nelle condizioni di iniziare nuovamente tutto il lavoro dall’inizio. Questo significa che le probabilità di compiere errori raddoppiano, triplicano e così via, in base al numero di distrazioni ricevute.
Oltre ad un tema di minor precisione nel lavoro svolto, un altro paradosso è quello legato al tempo. Questo perché, ogni volta che ci concentriamo su un’attività differente da quella che stiamo svolgendo, perdiamo inesorabilmente tempo, così come quando tentiamo di ri-concentrarci sul compito precedente.
Ogni volta che inizio a concentrarmi su una nuova attività, il processo necessario per portare a termine la nuova attività deve ricominciare da zero, con un impatto significativo in termini di performance e tempo.
Fare più cose “contemporaneamente” ci permette di risparmiare tempo e massimizzare le nostre performance.
3. Il paradosso moderno: faro e serbatoio
È paradossale, quindi, che per essere maggiormente produttivi ci venga chiesto di essere multitasking, quando in realtà, l’esserlo, ci rende decisamente MENO produttivi e ci impone un maggior dispendio di tempo ed energie per portare a termine i nostri compiti.
Oltre al mero funzionamento cerebrale del processo dell’attenzione, è importante anche soffermarci su altri due punti.
Per farlo, utilizzeremo due immagini.
La prima, è quella di un FARO.
Esatto, come quello dei romanzi gialli, immagina un alto faro bianco su una scogliera.
Una delle prime caratteristiche del faro che ci vengono in mente, è la sua luce. Nella notte, specialmente con piaggia o tempesta, questa è accesa e gira costantemente al fine di segnalare la presenza della terra alle navi in arrivo.
Ecco, immaginatevi l’attenzione come la luce di un faro. Questa è in grado di illuminare solo una porzione di ciò che ci circonda, non tutto l’insieme. Quando spostiamo l’attenzione da un’attività ad un’altra, la luce si sposta di conseguenza illuminando ciò che ci stiamo accingendo ad effettuare.
La seconda immagine che vogliamo condividere con voi è quella del SERBATOIO.
Sì, esatto, il serbatoio, come quello dell’auto.
Questo perché, come ricordato più in alto, ci piace sentirci dei supereroi e, di conseguenza, dotati di super poteri. In realtà, dobbiamo sempre ricordarci di essere straordinari, ma pur sempre umani.
Sono concetti strettamente collegati; quando pensiamo alla nostra capacità di attenzione, tendiamo a sopravvalutare le nostre abilità e le nostre energie.
Immaginiamo di avere un serbatoio e che questo si riempia ogni notte. Talvolta, potrebbe capitare che questo non sia proprio pieno, magari abbiamo dormito male oppure è stata una notte travagliata, e per questo motivo non è particolarmente carico.
Ogni volta che focalizziamo la nostra attenzione pienamente su un compito, il serbatoio inizia a svuotarsi, fino a raggiungere il termine.
Ricorda sempre questa immagine e la lezione ad essa connessa: l’attenzione è LIMITATA. Non siamo in grado di rimanere concentrati per 18 ore ogni giorno, in modo continuativo e senza interruzioni.
Ecco i tre punti essenziali analizzati, ti saranno molto utili per massimizzare le tue performance:
La nostra attenzione è paragonabile ad un faro, illumina ciò su cui siamo concentrati. Inoltre, è necessario dosare la nostra attenzione per evitare di finire il serbatoio proprio quando ne ho più bisogno.
L’attenzione è infinita, posso rimanere concentrato tutta la giornata senza prendermi delle pause, la performance non ne sarà impattata.
4. Cosa fare? Da Napoleone a WhatsApp
Abbiamo visto cosa succede nel nostro cervello quando vogliamo focalizzarci su un’attività, abbiamo visto per quale motivo sarebbe meglio evitare di continuare a “distrarci o farci distrarre” da altri compiti-attività-richieste e quale sia l’impatto sulla nostra produttività, ora è importante capire cosa fare in pratica per evitare che questo accada.
Innanzitutto, non scoprirete di sicuro l’acqua calda in questo momento, gli smartphone sono dei nemici implacabili per la nostra attenzione.
WhatsApp, Instagram, Twitter, Facebook, TikTok, Youtube, Snapchat e chi più ne ha, più ne metta. Sommiamo anche il fatto che ormai sia (quasi) impossibile essere IRRAGGIUNGIBILI – ma quanto è bello esserlo in rari e sporadici momenti- ecco qui che la possibilità di focalizzarci realmente, per un tempo prolungato, su una stessa attività, è paragonabile ad una delle fatiche del famoso Eracle greco.
Ci sono svariate tecniche, idee, strategie possibili e utilizzabili in questo campo, noi ne citeremo solo alcune:
1. Modalità focus sullo smartphone
Ormai, quasi tutti i dispositivi elettronici, consapevoli (forse) del potere talvolta autodistruttivo che hanno sui loro utilizzatori, posseggono una modalità “focus”, fondamentale durante i momenti di massima concentrazione. Queste modalità possono essere attivate e disattivate rapidamente e consentono di impedire totalmente o parzialmente l’arrivo di notifiche dalle diverse applicazioni oltre che chiamate, mail ecc.
Inoltre, è consigliabile, soprattutto nei momenti dove necessitiamo di massima attenzione nella nostra attività, tenere i dispositivi LONTANI dalla nostra postazione di lavoro. Ciò significa che non devono trovarsi sulla scrivania o nelle vicinanze poiché la loro presenza, rappresenta di per sé una fonte di distrazione.
2.Stabilisci i “momenti”
Avrai sicuramente sentito parlare delle To-Do-List o liste delle cose da fare. Ci sono grandi fan, veri sostenitori di queste modalità, e molti haters, ormai il gergo social si è diffuso capillarmente. Al di là del fatto che tu sia un seguace o meno della lista di cose da fare, è importante il concetto che ne sta alla base, concetto che riprenderemo anche qui, in un’ottica un po’ diversa e con il nome di “momenti”.
È importante selezionare i “momenti” nei quali svolgere determinate attività: lettura e risposta alle e-mail, stesura dell’articolo per la prossima scadenza, realizzazione della presentazione in PowerPoint per la riunione di lunedì, pausa relax, spuntino, camminata, attività fisica.
Questo ci aiuterà a sconfiggere la naturale “compulsività” insita nei nostri comportamenti in questa epoca 4.0 o 5 o 6, chissà a che numero siamo arrivati.
Senza un po’ di disciplina nella scelta e nel rispetto dei singoli “momenti”, ci ritroveremo a “scrollare” le e-mail ogni 15 minuti, nella spasmodica attesa del suono dell’inbox, ormai divenuto un incubo.
3. Valutazione delle priorità e delle urgenze
Quante volte ci capita di ricevere, tendenzialmente all’ultimo secondo, richieste che scalano la classifica delle nostre priorità, portandoci ad interrompere quello che stavamo facendo per concentrarci sul nuovo arrivo? Questo non dovrebbe capitare, o meglio, può capitare che ci siano delle reali urgenze, può anche capitare che queste urgenze scalino la lista delle nostre priorità collocandosi in vetta, d’altra parte, sono pur sempre URGENZE.
Ma cosa succede quando tutto diventa un’urgenza? Semplice, nessuna lo è più davvero.
Ebbene, tempo fa, ci siamo imbattuti, nel mirabolante mondo del web, in uno dei tantissimi video di Marco Montemagno, in particolare, un video sulla procrastinazione.
Monty, nei quattro minuti e mezzo del suo video, analizza il tema della procrastinazione citando una figura storica di una certa rilevanza: NAPOLEONE.
Avete capito bene, Napoleone Bonaparte, l’originale. Vi starete chiedendo che cosa possa centrare mai Napoleone con la procrastinazione, ve lo spieghiamo subito.
Napoleone aveva due regole per gestire le richieste in entrata, ed essendo un imperatore, è probabile che avesse giusto un paio di cose a cui pensare. Le regole auree potremmo dividerle in questo modo:
A – Notizie pervenute durante il sonno
In caso di notizia positiva, bisognava lasciarlo riposare beatamente. Solo in caso di notizia negativa, allora, bisognava svegliarlo immediatamente per permettergli di gestire la situazione.
B – Lettere pervenute
L’equivalente delle mail o dei WhatsApp di oggi.
In questo caso, invece, le lettere venivano lasciate per ben tre settimane CHIUSE.
I motivi sono essenzialmente due.
Da un lato, se ci fosse stata una notizia veramente importante, questa lo avrebbe raggiunto in altro modo, dato il carattere di urgenza. Vale quindi il principio: se è una notizia davvero importante, troverà il modo di raggiungerci.
Dall’altro, invece, tutte quelle richieste NON realmente urgenti, si sarebbero risolte spontaneamente senza l’intervento dell’imperatore.
Tecnica giusta o sbagliata? A voi l’ardua sentenza.
Al di là della validità storica del racconto e della sua attendibilità, ciò che ci teniamo a sottolineare è una valutazione OGGETTIVA del carattere di urgenza delle richieste pervenute. Il metro per valutarne l’importanza e l’urgenza, infatti, non deve e non può essere il momento in cui sono giunte a voi.
Effettuate una valutazione attenta e ponderata della situazione e, magari, lasciate che quelle di minor conto, si vadano a risolvere spontaneamente.
Non tutto ciò che ci accade è realmente urgente. Dobbiamo imparare a valutare il carattere delle richieste pervenute e utilizzare la tecnologia a nostro vantaggio, nello specifico, aiutandoci a rimanere concentrati su ciò che stiamo portando a termine.
Viviamo nella società dell’urgenza. Prima risolvo i problemi, meglio sarò percepito all’esterno.
Ormai non avete più scuse, conoscete i meccanismi alla base del funzionamento dell’attenzione e qualche tips per poterla massimizzare in funzione del raggiungimento di prestazioni migliori.
Vi resta solo una cosa da fare…
Solo un’ultima info prima di lasciarvi, vi capita mai di pensare che la vostra memoria sia assolutamente scadente? Gli esseri umani adorano definirsi dei pessimi memorizzatori, chissà perché.
Restate connessi perché il prossimo articolo parlerà proprio della MEMORIA, i suoi segreti, il suo funzionamento e anche qualche falso mito da sfatare.
Iniziamo subito con una massima, aspettate, com’era? Ah si certo:
A presto!
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